Ragazza giovane con maglia bordeaux fa gesto del pollice verso sorridendo in aula, simbolo ironico di dissenso sull’uso dell’intelligenza artificiale a scuola

“Stiamo allevando una generazione di idioti?” – L’ipocrisia dietro l’uso dell’intelligenza artificiale nella scuola

Studenti che fanno i compiti con ChatGPT. Professori che correggono gli elaborati con ChatGPT. Docenti che preparano intere lezioni con l’intelligenza artificiale. Giovani lavoratori che scrivono il loro curriculum con l’aiuto di un chatbot. L’intelligenza artificiale generativa non è più il futuro: è il presente, ed è ovunque.

Ma c’è un paradosso che pochi hanno il coraggio di denunciare: se uno studente neurotipico usa l’IA, è “smart”. Se a farlo è uno studente con dislessia o altre neurodivergenze, improvvisamente diventa “sleale”. È ora di smascherare questa ipocrisia.

L’IA è ovunque: non solo gli studenti la usano

Negli Stati Uniti, l’uso massivo dell’intelligenza artificiale nel contesto scolastico sta già causando un terremoto. Articoli recenti apparsi sul New York Times, The New Yorker, 404 Media e altri, raccontano una scuola impreparata e sempre più schiacciata tra l’innovazione tecnologica e l’inerzia del proprio modello educativo.

Gli studenti usano ChatGPT per scrivere saggi e superare test d’ingresso. Alcuni lo ammettono senza problemi: non vogliono imparare, vogliono solo ottenere il diploma, il titolo, l’accesso a una rete sociale utile per il loro futuro. Ma non sono soli. I docenti usano gli stessi strumenti per correggere, per preparare, per velocizzare. E nel mondo del lavoro, nessuno si scandalizza se un giovane imposta la propria lettera motivazionale con l’aiuto di un’IA.

Una scuola impreparata

La verità è semplice: il sistema educativo non era pronto. L’IA è arrivata più in fretta di quanto ci aspettassimo, e ha trovato una scuola che spesso fatica ancora con la LIM o con i registri elettronici. Ma non è solo una questione tecnica. È una crisi di senso.

A che serve studiare, se basta saper chiedere a una macchina? Che valore ha la conoscenza, se si può generare in un click? Domande scomode, ma necessarie.

L’illusione della scorciatoia

C’è un passaggio nel ragionamento che merita attenzione: più utilizzi l’intelligenza artificiale senza usare il tuo cervello, più ti abitui a non pensare. Più ti abitui a non pensare, più diventerai dipendente da questi strumenti. È un ciclo vizioso che può portare – per usare un’iperbole volutamente provocatoria – a una generazione che apprende solo grazie a chip impiantati nel cervello. Ma è davvero così assurdo?

L’AI, da strumento, può trasformarsi in stampella. Se smettiamo di allenare il pensiero critico, di sbagliare, di cercare soluzioni, non stiamo solo semplificando: stiamo perdendo qualcosa.

Studentessa in aula con espressione scioccata guarda un tablet sul banco, simbolo dell’uso crescente dell’IA tra gli studenti

L’ipocrisia che non possiamo ignorare

Ed ecco il punto centrale. Se un adulto usa ChatGPT per ottimizzare il suo tempo, è “produttivo”. Se un professore lo usa per preparare la lezione, è “al passo coi tempi”. Ma se uno studente con dislessia usa lo stesso strumento per scrivere un tema, allora “non vale”.

Eppure, quell’intelligenza artificiale è di fatto un nuovo tipo di strumento compensativo. Non solo per chi ha una certificazione DSA, ma per tutti. Se ormai è normale chiedere aiuto all’IA per ogni compito cognitivo, allora perché scandalizzarsi se ne fanno uso proprio quelli che di strumenti ne avrebbero più bisogno?

La risposta, forse, è culturale. È più facile tollerare l’uso dell’IA da parte di chi “non ne avrebbe bisogno”. Ma se chi parte da una condizione di svantaggio la utilizza per colmare un gap, allora scattano sospetti, giudizi, restrizioni. È una forma subdola di discriminazione.

Un futuro (già presente) da governare

No, non stiamo ancora allevando una generazione di idioti. Ma stiamo allevando una generazione che rischia di disimparare a pensare. E il punto non è demonizzare l’intelligenza artificiale. Il punto è educare al suo uso.

Come ogni strumento potente, l’IA può amplificare le nostre capacità – oppure atrofizzarle. Dipende da come la usiamo, e soprattutto da che idea di apprendimento vogliamo coltivare.

La tecnologia non è il nemico. Il nemico è l’ipocrisia.

Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA) Neurodiversità Inclusione dislessia dislessico Disortografia Discalculia Disgrafia

Se anche tu pensi che l’educazione meriti più onestà e meno ipocrisia, aiutaci a diffondere il cambiamento.

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